«La scuola per istruire ha per traguardo l’esame; quella per educare, la vita. La prima mira a formare il professionista, la seconda l’uomo. La prima lavora sulla mente, la seconda mira al cuore e confida sulle sue invisibili conquiste. Il maestro che istruisce vuole che siano resi subito i risultati del suo operato, quello che educa li affida al tempo e non chiede che alla vita le sue risposte. Io mi son scelta la scuola che si propone di educare»
Maria Maltoni (Dovadola 1890, Fiesole 1964) nasce in una famiglia di idee laiche e socialiste: il padre Virgilio è fabbro e la madre, Luisa Quercioli, è casalinga. Si diploma nel 1910 alla Scuola Normale Margherita di Savoia di Ravenna e inizia ad insegnare in Romagna, ma in seguito viene trasferita in Toscana, nel Mugello.
Nell’estate del 1920 la Maltoni giunse, come maestra unica, nella locale scuola elementare a San Gersolè (toponimo alterazione di S. Jerusalem, una frazione dell’Impruneta nei pressi di Firenze) accompagnata dal medico Laura Orioli, figura fondamentale con la quale condividerà la vita e i propri interessi, e dal figlio di questa. Nella piccola scuola rurale la maestra trascorse lunga parte delle sua carriera, elaborando il suo innovativo approccio pedagogico, che riuscì a suscitare l’interesse di grandi intellettuali come Francesco Bettini, Giuseppe Lombardo Radice, Giovanni Michelucci, Piero Calamandrei e Italo Calvino. Quale fu la forze di quest’attività didattica, quali aspetti la posero, sin dai suoi esordi, così tanto in rilievo? La ragione profonda fu forse nell’impegno ‘tutto morale’ che la maestra Maltoni mise nel fare scuola.
A San Gersolè, contesto povero e rurale, si educò oltre che istruire; si dette spazio a ogni forma espressiva, prima fra tutte il disegno; i ragazzi vennero ascoltati e di ognuno di loro venne valorizzata la vita anche attraverso l’uso innovativo della scrittura infantile. Maria Maltoni, così come Don Milani, tentò di offrire agli alunni: autonomia, riflessione critica, capacità di comunicare e di esprimersi, poiché, come diceva, «cuore e sentimento sono fondamentali nella conoscenza» e strumenti fondamentali per far nascere «il piacere di sapere per non essere subalterni».
Prima di arrivare a San Gersolè la Maltoni stava attraversando anni di profonda crisi professionale, dovuta alla difficoltà di far suoi i programmi scolastici ottocenteschi dall’impianto autoritario e trasmissivo, che riteneva essere profondamente inadeguati alle esigenze educative e formative dei bambini. Tentò così nella sua pratica didattica quotidiana di apporre correttivi ai criteri impartiti dalle direttive ministeriali. La sua fu, per l’epoca, un’operazione culturale molto innovativa, tesa a sviluppare un percorso educativo che incoraggiasse la conoscenza ed escludesse il modello di istruzione calata dall’alto dall’educatore.
Nella scuola della Maltoni le informazioni non venivano raccolte dai libri in prima battuta, ma, attraverso la rielaborazione di esperienze dell’ambiente di vita, veniva stimolato l’approfondimento e, per questa via, l’interesse per il libro. Centrale, come sopra accennato, nella sua didattica fu la scrittura del diario e l’uso del disegno, cercando attraverso di essi di rendere gli alunni protagonisti del proprio percorso educativo.
Tali materiali didattici sono oggi conservati in larga parte presso la Biblioteca Comunale dell’Impruneta, nel Fondo Maria Maltoni – circa 1500 quaderni, più di mille disegni e seicento pagine del Giornale di San Gersolè -; e presso l’Archivio storico Indire di Firenze. Questi tracciano un quadro vivo e puntuale della cultura mezzadrile toscana che di lì a poco sarà spazzato via dalla modernità e dal boom economico.
Tra i primi sostenitori dei metodi della scuola di San Gersolè vi fu l’ispettore scolastico Francesco Bettini (il Fondo Bettini è conservato in Archivio storico Indire) che, comandato presso l’Ente Nazionale di Cultura di Firenze dal quale dipendeva la piccola scuola rurale, avviò con la Maltoni un intenso e profondo scambio di idee testimoniato dalla cospicua corrispondenza professionale.
Negli anni difficili del Regime, in cui la scuola si militarizzava e si incrudivano le tendenze autoritarie al suo interno, la Maltoni collaborò con moltissime riviste (tra le quali «Scuola Italiana Moderna», «Pedagogia Italiana», «Argomenti») cercando assiduamente consensi per le proprie innovative e divergenti idee pedagogiche, maturando, infine, un definitivo e radicale allontanamento dal Fascismo, palesato dapprima con un forte contrasto con le autorità locali, e poi, nel 1943, con l’adesione al movimento partigiano clandestino. Fu membro del Partito d’Azione, entrando in contatto, tra gli altri, con Piero Calamandrei, Giorgio Spini e rinsaldando l’amicizia con Ernesto Codignola.
Proprio Codignola la chiamerà nel 1944 come membro del Comitato di Direzione Didattica della Scuola-Città Pestalozzi, la nuova scuola da lui fondata nel 1947 e che aveva l’intento principale di preparare cittadini consapevoli dei loro doveri e diritti in regime di libertà.
Il dopoguerra vide la maestra Maltoni in fervida attività: tra il 1949 e il 1950, i disegni e i diari dei suoi alunni venivano esposti in mostre in tutta Italia e i quotidiani nazionali davano molto spazio al caso San Gersolè, insistendo sull’impegno sociale di Maria Maltoni. Negli anni Cinquanta, inoltre, partecipò, attraverso la pubblicazione di alcuni articoli, al dibattito nato intorno al gruppo di insegnanti capitanato da Giuseppe Tamagnini e Aldo Pettini che, vicino alle teorie di Freinet, aveva dato vita al Movimento di Cooperazione Educativa.
Dall’esperienza di San Gersolè nacque, infine, un bellissimo volume illustrato, uscito nel 1959 per i tipi di Einaudi e con prefazione di Italo Calvino. Lo scrittore, osservando i quaderni di scuola con l’occhio del narratore di fiabe e di avventure improbabili, così descriveva l’avventura didattica di San Gersolé nella sua introduzione:
«[…] Nei loro diari, scritti e disegnati, Maria Maltoni abituava i suoi scolari a raccontare ogni minimo fatto della vita campestre familiare e paesana di loro esperienza giornaliera; […] Certo, in questa scuoletta campagnola dalla quale è uscita una cronaca corale di tutto un paese, delle sue vendemmie e delle sue fienagioni, della sua vita collettiva e familiare, delle presenze vegetali e animali che lo circondano, una cronaca di parole e di figure e di colori come in un antico codice miniato, si è dato non solo uno degli esperimenti pedagogici più innovatori, ma una delle tracce più dirette e fresche e nuove che la vita dei nostri anni ha lasciato sulla carta. […]».
I disegni conservati da Indire e qui selezionati, datati anni Quaranta e Sessanta, mostrano il metodo perseguito nella scuola di Impruneta, secondo cui gli alunni sono stati sempre incoraggiati a descrivere in modo spontaneo la realtà che li circondava, raccontando le proprie emozioni e la quotidianità, con un’originale metodologia didattica che consentiva loro di esprimersi spontaneamente attraverso il linguaggio grafico, usato anche come rielaborazione delle lezioni, in particolare di scienze e storia.
Testo a cura di P. Giorgi, versione integrale in https://www.museodellascuola.it/san-gersole-la-scuola-per-educare-la-vita/
Ricerca e selezione dei materiali d’archivio a cura di I. Zoppi.
Tutti i disegni sono conservati presso l’Archivio Storico Indire, Fondo materiali scolastici.
Le pagine manoscritte sono tratte dai Quaderni della Scuola di San Gersolè del Fondo Maria Maltoni, conservato presso la Biblioteca comunale di Impruneta. Si ringrazia l’Amministrazione comunale di Impruneta per aver concesso la pubblicazione della riproduzione digitale dei quaderni.
La mostra s’inserisce nel progetto di ricerca e valorizzazione del patrimonio storico dell’Ente e di ricerca diacronica in relazione ai temi del progetto Indire Gender School.