La costituzione dell’importante collezione antiquaria e conservata tra i fondi librari dell’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca educativa (Indire), si lega indissolubilmente alla nascita del suo antecedente istituzionale, il Museo Nazionale della Scuola, erede della Mostra didattica Nazionale del 1925. Era il marzo del 1925 quando a Firenze venne inaugurata la Mostra Didattica Nazionale. Questa aveva alle proprie spalle due figure di pedagogisti insigni: Giuseppe Lombardo Radice (Direttore generale all’Istruzione elementare dal 1922 al 1924 ed una delle anime della Riforma del Ministro Giovanni Gentile) e Giovanni Calò (già sottosegretario del Ministero della Pubblica Istruzione per le antichità e le belle arti durante il primo Ministero Facta e professore ordinario di Pedagogia all’Università degli Studi di Firenze), che presiedeva il suo comitato ordinatore.
Dopo la chiusura della mostra, grazie all’interesse di Calò, la parte più originale del materiale esposto restò permanentemente ordinata a Firenze in quello che fu chiamato Museo Didattico Nazionale e che ebbe iniziale disposizione in due ampi saloni posti a pianterreno delle ex-Scuderie Reali, per poi essere annesso all’Università degli Studi di Firenze e collocato nella sede della Facoltà di Scienze politiche e sociali.
Il progetto si definì però compiutamente qualche anno dopo, con il Regio Decreto 11 ottobre 1929 n. 1948, per mezzo del quale il Museo Didattico Nazionale venne eretto in ente morale e Calò nominato suo direttore.
Qualche anno più tardi con il Regio Decreto 26 agosto 1937 n. 1570, il Museo Didattico Nazionale assunse la denominazione di Museo Nazionale della Scuola e fu dotato anche un collezione libraria che comprendeva: la stampa periodica per l’infanzia, i libri di testo e quelli di letteratura infantile, oltre ad un cospicuo numero di volumi antiquari di argomento educativo che costituivano parte integrante dell’allestimento museale. Si venne così costituendo un primo prezioso nucleo librario che poi fu destinato ad implementarsi negli anni.
Il museo restò aperto fino all’imperversare degli eventi bellici, che fecero sì che si dovesse optare per la chiusura dell’istituto. Nel dopoguerra Il nuovo Museo riallestito in Palazzo Gerini, continuò le acquisizioni librarie andando a costituire il primo nucleo della biblioteca antiquaria.
La prima sala in cui i visitatori si trovavano era quella della Romanità, cui facevano seguito quella etrusca e del Medioevo. La sala del Rinascimento ospitava opere originali e facsimili che illustravano l’attività educativa e letteraria a partire dagli ultimi anni del Trecento fino a tutto il Cinquecento. Una sezione era dedicata a Giovanni Boccaccio (la cui figura dominava nella riproduzione a grandezza naturale di un’opera di Andrea del Castagno nel cenacolo dell’ex convento di Sant’Apollonia di Firenze), che con Francesco Petrarca aveva dato inizio al movimento di rinascita degli studi classici, alla fondazione di biblioteche, alla ricerca di testi latini. In quella stessa stanza si trovava poi un facsimile di una traduzione del Phormio di Terenzio, dei primi esercizi di scrittura greca, dell’approvazione della Signoria di Firenze per la lettura dell’opera di Dante.
Ancora libri, autografi, facsimili e stampe arredavano la sala del Seicento, che comprendeva ciò che era relativo alla scuola dell’età Barocca del Concilio tridentino nei primi anni del secolo XVIII, quando fu interessata e investita da tutta le necessità della controriforma cattolica. La controriforma favorì tra le altre cose il sorgere dei collegi fondati dagli Oratoriani, dagli Scolopi e dai Gesuiti, che ebbero in Italia uno dei momenti più importanti della loro storia. Questi, che si proponevano di giungere alla formazione morale e spirituale dei giovani attenendosi ai principi della religione cattolica, divennero una delle più importanti roccaforti della Chiesa di Roma contro la Riforma protestante. Anche la sala del Settecento conservava libri ed originali manoscritti, documenti, facsimili, attestanti uno dei momenti più importanti della storia della pedagogia sia per l’incremento numerico e d’importanza delle scuole che si vollero pubbliche e sotto la tutela dello Stato, sia per l’avanzamento del problema educativo e didattico in primo piano.
Chiudeva il percorso la sala dell’Ottocento in cui erano disposti trattati sull’educazione del XIX secolo, testi scolastici, piani di studio, opere sulla storia delle istituzioni scolastiche ed educative.
L’acquisizione dei volumi che sono poi andati a costituire il fondo ‘antiquario’ è dunque da ricondurre a questa prima fase dell’attività istituzionale dell’ente e alla sua funzione museale.
Da sottolineare che la collezione libraria in questione è stata pensata e organizzata in modo affatto casuale ma specifico, tanto da far emergere i libri che lo compongono nella piena evidenza della loro ratio essendi. Questo è un aspetto che deve essere considerato come elemento di valore aggiunto: una collezione come questa di INDIRE, così precisamente pensata e organizzata, può contribuire a ricordare questa svolta epocale (passata attraverso i glossari, repertori, il lavoro di tipografi, come il celebre veneziano Aldo Manuzio) che ebbe anche larghe ripercussioni sulla vita scolare.
I testi sono tratti dal volume 100 immagini di libri di scuola. Il Fondo Antiquario del Museo Nazionale della Scuola di Firenze (secoli XVI-XVIII) – INDIRE, A. Anichini e P. Giorgi (a cura di), Firenze, all’Insegna del Giglio, 2013. Acquista – Consulta la pubblicazione
Progettazione gallery: Irene Zoppi